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Gli agenti segreti della Serenissima rivivono in un romanzo scritto da un prof del Foscarini

"La lama del leone" è scritto da Francesco Chiaro, docente di greco e latino. Nasce dall'amore per Venezia di Stefano De Grandis, fotografo e ideatore, Sandro Martinelli, ispiratore e protagonista della storia, l’illustratore Lele Vianello, noto disegnatore collaboratore di Hugo Pratt

Uno studioso appassionato di storia veneta trova fortunosamente alla Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia di Venezia un polveroso manoscritto, attratto lo sfoglia: lo trova di grandissimo interesse perché, in forma cifrata, riporta una storia dimenticata, quella di un’ardita impresa compiuta su incarico della signoria veneziana da due suoi fidati uomini di spada o, meglio "agenti segreti" agli inizi del XVII secolo mai riportata dalla storiografia ufficiale della Repubblica e subito caduta nell’oblio.

Un libro nato dall'amore per Venezia

Comincia così "La lama del leone. Servizi segreti veneziani e pirati uscocchi", romanzo storico scritto da Francesco Chiaro, professore di greco e latino del Liceo Marco Foscarini di Venezia, ma nato dal grande amore per Venezia di un gruppo di amici tra cui Stefano De Grandis, fotografo e ideatore, Sandro Martinelli, ispiratore e protagonista della storia, l’Illustratore Lele Vianello, noto disegnatore collaboratore di Hugo Pratt.

La storia, di fantasia, è calata nel preciso contesto storico della lotta condotta dai veneziani contro i pirati uscocchi che infestavano l’Adriatico tra il secolo XVI e gli inizi del XVII; è ambientata per la precisione nel 1613, e parte da un fatto storicamente accaduto e documentato. «Si è scelto questo argomento molto particolare - la guerra contro gli uscocchi - perché del tutto sconosciuto alla maggioranza dei veneziani stessi», spiegano gli ideatori e autori.

Fulcro della narrazione è l’impresa portata a termine da incursori per conto del governo della Serenissima, un’operazione che oggi chiameremmo "di intelligence" che ha una sua verosimiglianza perché iniziative del genere non erano sconosciute in quei lontani tempi ma venivano gestite dall’onnipotente e onnipresente Consiglio dei Dieci. Una missione ufficialmente non riconosciuta, ma che doveva risolvere un problema al governo della Repubblica. «Riportare alla memoria del presente i fatti del passato, anche o, soprattutto, i meno noti - spiega Francesco Chiaro - contribuisce ad illustrare la mirabile identità che il nostro passato ci lascia, come un preziosissimo dono da trasmettere alle future generazioni».


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