Cronaca

In Veneto ci saranno oltre 2000 disoccupati in più

La stima effettuata dall'ufficio studi della Cgia di Mestre. I più colpiti dalle "perdite" saranno i lavoratori autonomi

Ragazzo disoccupato in cerca di lavoro

Per l’anno prossimo, anche in Veneto le previsioni economiche non sono particolarmente rosee. Rispetto al 2022, la crescita del Pil e dei consumi delle famiglie è destinata ad azzerarsi, ciò contribuirà a incrementare il numero dei disoccupati, che saranno almeno 2.400 in più. Il dato è negativo, ma non drammatico, soprattutto se comparato con quanto succederà in molte regioni del centro e sud Italia, dove l’incremento sarà veramente preoccupante.

Secondo l'ufficio studi della Cgia di Mestre, nella nostra regione il numero assoluto dei senza lavoro salirà a quota 107.400, mentre il tasso di disoccupazione rimarrà lo stesso dell’anno in corso: ovvero il 4,7 per cento, contro una media nazionale dell’8,4 per cento. Un dato, il nostro, in linea con le migliori performance registrate dalle regioni più avanzate in Unione Europea. A livello territoriale le province venete più interessate dall’aumento della disoccupazione saranno Treviso (+827 unità), Padova (+624) e Vicenza (+595). Rovigo e Venezia, invece, non subiranno variazioni significative.

Quali sono i settori più a rischio

Sebbene non sia facile stabilire i settori che nel 2023 saranno maggiormente interessati dalle riduzioni lavorative, pare comunque di capire che i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna, potrebbero subire dei contraccolpi occupazionali, mentre le imprese più attive nei mercati globali, tra cui quelle che operano nella metalmeccanica, nei macchinari, nell’alimentare-bevande e nell’alta moda saranno meno esposte.

Anche in Veneto i lavoratori autonomi rischiano di subire le "perdite" maggiori. La crisi pandemica e quella energetica, infatti, ha colpito soprattutto le partite Iva che, a differenza dei lavoratori subordinati, sono sicuramente più fragili. Ricordiamo, infatti, che hanno pochissime tutele: rispetto ai dipendenti, ad esempio, non dispongono di malattia, ferie, permessi, Tfr e tredicesime/quattordicesime. In caso di difficoltà momentanea non hanno né cassa integrazione né, in caso di chiusura dell’attività, alcuna forma di Naspi. Inoltre, come ricorda sempre l’Istat, il rischio povertà nelle famiglie dove il reddito principale è riconducibile a un autonomo è superiore a quelle dei dipendenti.


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