Economia

Balneari, "caso Jesolo": la difesa del Comune e la spaccatura in Confcommercio

Gli esiti delle prime gare scuotono il dibattito. Sindacati e associazioni: «serve una legge nazionale», il governo fa melina. Il sindaco: «basta polemiche, ci saranno investimenti»

La spiaggia di Jesolo, foto d'archivio

L'assegnazione delle prime concessioni balneari nell'arenile jesolano, come ormai noto, ha sollevato un dibattito che ha ampliamente varcato i confini comunali e regionali. Nonostante solo in due casi (ma gli unici due in cui era stata presentata più di una offerta) le "Umg", le porzioni di spiaggia, siano state assegnate a concessionari diversi da quelli uscenti, e nessuno degli imprenditori coinvolti arrivasse dall'estero o anche solo da altre regioni. Gli sconfitti hanno parlato di «guerre fratricide», i sindacati dei balneari hanno condannato l'esito delle gare, Maurizio Gasparri (Forza Italia, parlamentare e già vicepresidente del Senato) insieme alla collega Deborah Bergamini hanno dichiarato che «lascia sconcertati la decisione del Comune di Jesolo di assegnare con dei bandi di gara, fatti in base a norme che sono evidentemente in contrasto con le regole nazionali».

A difesa dell'amministrazione sono intervenute Confcommercio e Federalberghi del Veneto, e poi, dopo una settimana di silenzio - l'idea era quella di far passare le polemiche, che però non hanno accennato a tacere - è intervenuto anche il sindaco di Jesolo, Christofer De Zotti, che ha voluto smentire «alcune mistificazioni o inesattezze, figlie alcune volte di strumentalizzazioni politiche o poca conoscenza». In un marasma di interessi e visioni politiche contrapposte, capire cosa sta accadendo può non essere semplice. Proviamo a fare ordine, partendo da un punto essenziale: il comune di Jesolo ha affrontato, prima di altri, un problema che, salvo colpi di scena, entro la fine dell'anno dovranno affrontare tutti.

Il quadro nazionale e regionale

Le "regole nazionali" di cui hanno parlato i senatori di Forza Italia nel loro attacco all'amministrazione jesolana, ad oggi, non esistono, o meglio, esiste una normativa, contenuta nel decreto milleproroghe del luglio 2022, che stabilisce che tutti i comuni dovranno mettere a gara le concessioni balneari entro la fine del 2023 (data poi prorogata alla fine del 2024), in base a dei criteri che il governo avrebbe individuato entro 60 giorni e pubblicato in un decreto attuativo: i 60 giorni sono passati da un anno e mezzo. Il governo non ha ancora pubblicato i decreti contenenti le linee guida perché conta di riuscire a convincere la commissione Ue del fatto che non sia necessario mettere a gara le concessioni balneari, abbracciando la posizione dei sindacati di settore: una posizione che per ora è stata ripetutamente bocciata da Cassazione, Consiglio di Stato e Commissione Ue stessa. Le trattative sono in corso.

In questo contesto, da mesi e con più forza da settembre 2023 i sindaci dei comuni balneari hanno chiesto al governo di fornire comunque delle linee guida nazionali, in modo da evitare che ognuno facesse da sé: «Non vorrei che a Roma prendesse piede questo ragionamento: zitti e muti e che pensino a sbrogliare la matassa i Comuni, lasciando a loro l'onere della gestione di una partita amministrativa epocale» aveva dichiarato allora il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad, dando voce alla preoccupazione di molti colleghi. Per ora, dato che le linee guida non sono arrivate, i comuni e le regioni stanno andando in ordine sparso: il nuovo termine per concludere le gare, salvo nuove proroghe, sempre più improbabili, è il dicembre 2024.

In Veneto la preoccupazione delle amministrazioni locali era inferiore a quella di altre regioni, data l'esistenza di una legge regionale, datata 2002, compatibile col diritto europeo e che in sintesi prevede che il gestore uscente possa presentare istanza per avere un rinnovo della concessione. Data anche l'esistenza di questa legge, la Regione non ha fornito ulteriori criteri condivisi alle amministrazioni - a differenza di quanto accaduto ad esempio in Romagna o in Friuli, dove le gare saranno concluse al termine della stagione estiva 2024 - e ogni comune ha agito in autonomia. Jesolo aveva deciso di chiudere le gare per prima, per arrivare preparata alla stagione estiva: un modo anche per evitare che i concessionari la vivano con la pressione della gara in corso. Ma il quadro è chiaro: i comuni si sono trovati in prima linea a prendere le decisioni, non per loro colpa.

Cosa è andato storto?

Secondo il comune di Jesolo, le gare sono andate bene, perché si è evitato l'arrivo di imprenditori e capitali extra-territoriali. Gli unici cambi riguardano passaggi tra imprenditori già attivi sul territorio. «Chi in questi giorni ha voluto mettere in piedi una campagna di discredito dovrebbe farsi un esame di coscienza - ha detto ieri De Zotti - Anche chi solo pochi giorni fa dipingeva come ottima la legge 33, salvo poi cambiare idea in poche ore. A farne le spese è l'immagine della città». Il primo cittadino ha chiarito che le decisioni, anche quella di adottare la legge regionale, sono state prese insieme ai concessionari, e che ogni scelta avrebbe provocato ricorsi, seppur ammette: «Dispiace per come è andata. Anch'io sono vicino alle preoccupazioni di chi ha speso una vita in spiaggia».

Di fatto si è creata una situazione in cui imprenditori del territorio hanno scelto di investire capitali anche importanti sulla spiaggia (si parlava di 7 milioni, l'assessore al turismo Alberto Maschio ha parlato di 30 milioni) con progetti in grado di scalzare i concessionari precedenti. Una situazione descritta drammaticamente da Renato Martin, titolare di uno dei consorzi perdenti, come «guerra fratricida», trattandosi di realtà che già lavoravano nelle spiagge jesolane. Un passaggio da consorzi a imprese con scopo di lucro che secondo Martin farebbe crescere i prezzi dei servizi: accusa nettamente respinta dall'amministrazione comunale. Per il Sib-Confcommercio, sindacato balneari, sarebbe «bagliata e azzardata è la messa a gara di concessioni demaniali in assenza di una regolamentazione nazionale», ma, come già detto, una legge nazionale (e europea) in realtà c'è, non esistono le linee guida, attese da anni, e il Comuni hanno l'obbligo di attenersi alle leggi vigenti.

Lo scontro in Confcommercio

Uno degli aspetti più critici del dibattito è lo scontro nato in seno a Confcommercio, messo in luce dal portale di settore MondoBalneare. Una delle due spiagge che hanno cambiato concessionario a Jesolo è andata a una cordata guidata da Alessandro Berton, imprenditore balneare locale e presidente di Unionmare Veneto, aderente al Sindacato italiano balneari di Confcommercio, in cordata con altri imprenditori tra i quali il patron di Geox Mario Moretti Polegato. Il presidente di Sib Antonio Capacchione non ha usato mezzi termini: «sconcertante è il coinvolgimento del presidente di Unionmare Veneto e nostro rappresentante territoriale, Alessandro Berton» che non solo non ha contrastata la gara, dice Capacchione «ma l’ha addirittura favorita. In stridente e netto contrasto con la linea del Sib nazionale che, come è noto, si batte persino in sede giudiziaria contro la messa a gara delle concessioni demaniali vigenti in assenza di una legge nazionale che applichi correttamente la direttiva europea». Un esito che avrebbe «gravemente leso e seriamente danneggiato la credibilità della nostra organizzazione», per cui il presidente del Sib ha chiesto un incontro urgente con la Confcommercio del Veneto per chiarire la questione.

Berton non ha mai commentato, ma la Confcommercio del Veneto ha già chiarito di pensarla diversamente. In una nota congiunta con Federalberghi in cui spiega che il processo in atto in Veneto sarebbe un «modello innovativo che porterà consistenti investimenti, strategici per il rilancio dell’intero settore per la riassegnazione delle spiagge», per poi chiarire che «personalizzare la polemica o strumentalizzarla a fini politici è inammissibile»: il riferimento neppure troppo celato è ancora a Renato Martin, che a Jesolo è anche consigliere d'opposizione.

Il futuro prossimo

Nel breve periodo, con altre aggiudicazioni che dovrebbero concludersi nelle prossime settimane, la piccola amministrazione di Jesolo si troverà con pressioni mediatiche fuori dal comune. Ma con essa, lo saranno anche tutti gli altri comuni balneari che dovranno aggiudicare le concessioni nel rispetto delle (manchevoli) normative vigenti. «I grandi capitali si sono appropriati di ampissime porzioni di arenile» hanno detto Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti, sindacati di settore, avvisando che «bisogna fare il possibile affinché questa distorsione delle procedure applicata in Veneto possa verificarsi altrove, evitando che le amministrazioni periferiche avviino gare nell’assegnazione delle concessioni vigenti con queste modalità». Una posizione in questo caso quasi identica a quella di Legacoop Romagna: «Quanto sta succedendo a Jesolo sta purtroppo materializzando i rischi peggiori di cui parliamo da anni. Evidenze pubbliche svolte a livello locale, senza una normativa nazionale che difenda il nostro modello turistico balneare, porteranno con molta probabilità all’ingresso nella gestione della nostra spiaggia di grandi soggetti economici esterni al territorio». O ancora Faita-Federcamping «siamo in attesa di una norma nazionale che consideri non solo il ‘fronte mare’, ma anche le aree demaniali ‘retrostanti’ sulle quali sorgono campeggi e villaggi turistici. Chiediamo al Governo un intervento rapido e concreto». 

I sindaci per ora tacciono, chi ha indetto le gare si augura che tutto fili liscio, chi non le ha ancora indette si augura che dal governo arrivi una legge che tolga la decisione all'amministrazione locale, ma con il rischio crescente di dover scrivere e aggiudicare le gare troppo in fretta per evitare ll rischio di incorrere in responsabilità civili e penali per dirigenti e amministratori comunali. Il comune di Jesolo, in questo quadro, avrebbe potuto fare diversamente? Gli esiti dei prossimi bandi, centinaia solo in Veneto, lo diranno. Certo è che si è mosso per primo.


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