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"Simplon" al teatro a L'Avogaria

Uno spettacolo che racconta l’epopea del Traforo del Sempione. Martedì 2 aprile alle 21, al Teatro a l’Avogaria di Venezia (Dorsoduro 1607, Corte Zappa), va in scena Simplon, il pluripremiato spettacolo di e con Stefano Beghi. La rappresentazione si inserisce nell’ambito dei Martedì dell’Avogaria, rassegna che porta in laguna il meglio della drammaturgia contemporanea nazionale.

La narrazione di Simplon inizia nel 1898, quando Leone, il protagonista, sceglie di partire. La meta, come per molti altri uomini del suo tempo, è il più grande cantiere che la storia italiana abbia mai visto allora: gli scavi per il traforo del Sempione. Leone, adolescente cresciuto ai margini di un'Italia troppo giovane per potersi chiamare Stato, è spinto dalla rabbia per una condizione di povertà che non capisce, dal desiderio di riscattarsi, dall'ambizione di diventare grande. E come sempre succede, l'ambizione vuole fare la strada più breve. Il giovane fa una scommessa che, come tutte quelle che si rispettano, è decisamente più grande di lui: sa che poco al di sopra degli scavi giace una miniera d'oro, forse la più produttiva di sempre in Europa, la miniera d'oro di Gondo. È convinto di poter fare l’affare del secolo, ingannare il suo destino, il suo Stato, la Storia o semplicemente quella condizione di natura che ogni reazionario chiama vita. Non ha una idea chiara di quello che sta per fare, ma, con una smodata voglia di ricchezza (che presto diventerà una mania), è salito sul treno diretto alla frontiera. Essa, però, si dimostra essere un ambiente duro, in cui i contorni tra lecito e illecito, normale e assurdo, naturale e sovrannaturale svaniscono, si mescolano. Nessuno sa davvero cosa nasconde quella montagna, ma attaccarla, ferirla, ucciderla è l'unica cosa che sembra contare davvero. Quello che il giovane incontra in quel cantiere sono il condensato delle contraddizioni di un periodo storico che è anch'esso sul confine tra l'antico e il contemporaneo, tra il desiderio di essere nazione e la delusione di essere semplicemente uno Stato, tra la società agricola e quella industriale, tra il lavoro manuale e il delirio tecnico-scientifico. Uno spettacolo che indaga uno dei miti senza tempo, la frontiera


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