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La storia e la ricetta della "pinza", il tradizionale dolce povero dell'Epifania

Come preparare questo antico dolce che veniva cotto sotto le braci dei "pan e vin", i falò propiziatori della sera del 5 di gennaio

I giovani la ricordano solo per sentito dire dai nonni o dai loro genitori ma la pinza (in dialetto "pinsa") è uno di quei dolci della tradizione veneta che non si può non conoscere. Un dolce povero, fatto con gli avanzi, un po' di farina di mais, pane secco, noci, mandorle o pinoli, un po' di uvetta, latte, qualche uovo e il gioco è fatto. Ogni città ha la sua variante, con o senza pane raffermo, con o senza frutta secca, con l'anice o il finocchio ma una cosa è certa, questo gustosissimo dolce va mangiato, per tradizione, nel periodo delle feste di Capodanno e, nello specifico, in occasione dell'Epifania. La pinza, infatti, non nasce solo come un modo intelligente per non sprecare gli avanzi di pranzi e cenoni di Capodanno ma accompagna da sempre l'antica tradizione locale dei falò di inizio anno, i cosiddetti Pan e Vin.  Ed è proprio durante questi falò, propiziatori della sera del 5 gennaio, alla vigilia dell'Epifania, che si è soliti mangiare questo dolce accompagnato da un bel bicchiere di vin brulé e dalle tradizionali filastrocche popolari. 

La ricetta della pinza 

Ingredienti

  • 200 g di farina gialla per polenta
  • 100 g di farina 00
  • 80 g di zucchero
  • 1 litro di latte
  • 40 g pinoli
  • 60 g uvetta
  • Un po' di grappa
  • 100 g burro
  • Lievito

Preparazione

Per prima cosa bisogna mettere l'uvetta in ammollo nella grappa per farla insaporire. Poi portare a ebollizione il latte e aggiungere la farina della polenta facendola cuocere per almeno 20 minuti. Poi bisogna aggiungere un po' di burro, amalgamare il tutto e, infine lo zucchero. Una volta intiepidito l'impasto si dovrà aggiungere l'uvetta, i pinoli e tutta la frutta secca che si preferisce. Alla fine si aggiunge la farina 00 con un po' di lievito. Infine si può versare l'impasto in una teglia e infornarlo per un'ora e mezza a 170°. L'idelae sarebbe far riposare la pinza per almeno due giorni e mangiarla solo allora.