Mestre

L'Angelo vero hub: "Intervento combinato cuore - polmone possibile solamente qui"

Il racconto dei medici protagonisti di una complessa operazione su un paziente di 74 anni finita al meglio: "Sotto ai ferri due voltè in poche ore, altrimenti sarebbe potuto morire"

Da sinistra, gli anestesisti Lazzari e Farnia, il chirurgo Breda e il cardiologo Caprioglio

Gli interventi non sono tutti uguali. Alcuni più di altri, per complessità e organizzazione, aiutano a capire cosa significhi effettivamente trovarsi, come medico o come paziente, in un “ospedale hub”: lo raccontano gli specialisti dall’Angelo di Mestre che hanno condotto un intervento su un paziente, già perfettamente ristabilito, e dimesso in questi giorni. “Mi preparavo a operare una persona di 74 anni – spiga il primario di Chirurgia toracica, Cristiano Breda – con un polmone aggredito dal tumore. Avevamo di fronte un uomo anziano ma in ottime condizioni fisiche complessive. Purtroppo presentava una neoplasia polmonare primitiva, al polmone destro, ed era necessario un intervento di asportazione. Considerata la posizione e le dimensioni del tumore, stavamo valutando addirittura un intervento di asportazione dell’intero polmone. Durante la fase preparatoria, però, si evidenzia come al tumore si associano perdite di sangue dai bronchi, e questa ‘emottisi’ complica ulteriormente la situazione”.

Ma non basta. Altre cattive notizie arrivano, infatti, mentre si eseguono sul paziente alcuni esami volti a verificare se può tollerare l’intervento chirurgico: durante la valutazione funzionale respiratoria accurata, con test da sforzo cardio-respiratorio, vengono rilevate alcune alterazioni elettrocardiografiche, che inducono all’esecuzione di uno studio coronarico più accurato. La coronarografia, a sua volta, non lascia spazio a dubbi: il paziente presenta una severa coronaropatia, mai rilevata o sospettata prima, che interessa il tronco principale della coronaria sinistra.

“La scoperta di questa patologia delle arterie che ossigenano il cuore – spiega il dottor Francesco Caprioglio, cardiologo emodinamista – condizionava l’intervento chirurgico al torace: era impensabile procedere all’asportazione del polmone, perché il rischio operatorio sarebbe stato proibitivo. Risultava complesso anche solo intervenire su questa nuova e inattesa patologia: potevamo infatti ricorrere ad una dilatazione coronarica ottenuta con il posizionamento di ‘stent’; ma questo intervento sulle coronarie andava associato ad una terapia antiaggregante piastrinica completa, per rendere fluido il sangue; a sua volta però l’utilizzo di questi farmaci avrebbe aggravato il sanguinamento bronchiale già rilevato, che avrebbe potuto diventare incontrollabile e letale”.
 
Al tumore al polmone, che andava operato al più presto possibile, si sommava una patologia al cuore: impossibile operare al torace senza prima intervenire sulle coronarie. Ma allo stesso tempo, i farmaci necessari per l’intervento alle coronarie potevano complicare il sanguinamento già in atto nei bronchi. Che fare, allora? Al dottor Breda e al dottor Caprioglio si affiancano, nel lavoro complesso, i colleghi anestesisti. E’ proprio con il dottor Antonio Farnia e il dottor Francesco Lazzari che si programma un intervento operatorio combinato. Si decide che nella stessa giornata, il paziente verrà portato dapprima nella sala operatoria dell’Emodinamica, dove il cardiologo interverrà sulla stenosi coronarica severa, mediante angioplastica e “stent” medicati di ultima generazione, per garantire una adeguata perfusione al cuore e quindi la riduzione dei rischi per l’intervento al polmone. Subito dopo il paziente sarà trasferito nella sala operatoria della chirurgia toracica: là verrà eseguito l’intervento chirurgico vero e proprio, al polmone destro, con l’asportazione di due dei tre lobi. Immediatamente, ad intervento concluso, andrà iniziata la duplice terapia antiaggregante, in modo da ridurre al minimo i tempi di esposizione al rischio di aggravamento dell’“emottisi” del paziente, ma allo stesso tempo in modo da proteggere gli “stent” coronarici da eventuali trombosi.

“A procedura terminata – spiegano il dottor Farnia e il dottor Lazzari – noi anestesisti avevano infine predisposto per il paziente una permanenza in terapia intensiva cardiochirurgica, per l’attento monitoraggio cardiologico postoperatorio, vista la doppia procedura invasiva. Così è stato fatto: l’intervento operatorio combinato è stato eseguito e portato a termine secondo il piano costruito in sinergia. Nel secondo giorno dopo l’operazione, il paziente è rientrato in reparto dalla Terapia intensiva cardiochirurgica; dopo circa una settimana veniva dimesso”.
 
“Interventi come questo – commenta il direttore generale dell’Ulss 12 Giuseppe Dal Ben – costituiscono il ‘certificato di garanzia’ per un ospedale hub
, che è tale proprio perché al suo interno gli interventi di questa complessità diventano possibili, e quasi normali. L’Angelo c’è, ha le carte in regole: non solo sono presenti al suo interno, contemporaneamente, tutte le alte specialità; ma in più è evidente e provata la capacità dei singoli e delle équipe di lavorare insieme sullo stesso caso complesso, che non è qualità comune”.     
 


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