Mestre

"Fatturavo milioni, ma la crisi mi ha tolto tutto. Pensai al suicidio, ora realizzo il mio sogno"

La storia di Raffaele Lucato, dal paradiso all'inferno e ritorno. Gestisce il negozio Bicimania di via Torre Belfredo a Mestre: "Senza moglie, figli e amici non sarei qui. Ti senti perso"

Lo vedi indaffarato tra fornitori, pneumatici e cambi. Un sorriso per tutti, dal cliente che chiede un'informazione per la giusta pressione delle ruote al postino che saluta, consegna e se ne va. Ma il sorriso Raffaele Lucato, 52 anni, gestore del negozio Bicimania di via Torre Belfredo a Mestre, l'ha riconquistato da poco meno di un anno. Con le unghie e con i denti. Perché lui poteva essere l'ennesima vittima della crisi economica nel Nordest dei piccoli capannoni, e ci è andato vicino.

"Chi si è tolto la vita lo capisco"

"Chi si è tolto la vita lo capisco - racconta - ti senti svuotato. La tua quotidianità dall'oggi al domani perde di senso. Ci ho pensato tante volte, ma ci sono mia moglie e i miei figli. Avrei causato loro più danni che altro". Un buco nero durato un anno e mezzo, durante il quale chi ti stendeva il tappeto rosso non ti degnava più di uno sguardo: "Ti senti tagliato fuori, non vedi la luce. E' un lento sprofondare - continua Raffaele Lucato - devo ringraziare chi mi è stato vicino e mi ha spronato a vivere giorno dopo giorno. Perché se ti comporti sempre bene sono convinto che l'occasione arriva".

Prima il paradiso  

Ora Raffaele Lucato si destreggia tra mountain-bike e bici elettriche, ma prima era un professionista delle sedie d'ufficio: "Facevo il commerciale e tra Russia, Dubai, Cuba negli anni Novanta ho girato il mondo prendendo bei compensi. Ho aperto nuovi mercati per una ditta di Loria, nel Trevigiano - racconta -, poi mi hanno licenziato convinti di poter fare senza di me, ma l'anno dopo sono dovuti tornare sui loro passi. E' durata comunque poco e sono diventato socio al 10 per cento di un'azienda sempre specializzata in arredo d'ufficio. C'erano 30 grattacieli nuovi a Dubai, uno vicino all'altro. Hai idea di quante sedie c'era bisogno?". 

Poi l'inferno 

Era la forza del Nordest: tenaci e flessibili imprese che si facevano largo nei mercati mondiali. "E' arrivato però il colpo gobbo. Una grossa commessa non viene pagata e nel 2007 tutto finisce - ricorda Raffaele - Ma io non volevo demordere. Ho riaperto una ditta nello stesso capannone e pagato tutti i debiti rateizzandoli in un anno con i fornitori. Era diventato un gioiello. Avevamo brevettato una sedia in carbonio di alta gamma, puntavamo anche sull'alluminio e fatturavamo 2,7 milioni di euro. Eravamo in espansione". Un giocattolo che si rompe per colpa dello tsunami chiamato Lehman Brothers: "Da ottobre 2008 è cambiato il mondo - sottolinea Lucato - avevamo 800mila euro bloccati in Medio Oriente, poi tutto è andato sempre peggio. Sono riuscito a resistere fino a novembre 2011, giostrandomi tra 10 banche. Ho dovuto lasciare a casa 13 dipendenti, compreso mio figlio". 

Dai milioni al nulla

Dall'oggi al domani ti ritrovi con un pugno di mosche in mano: "La mia famiglia ha venduto quello che si poteva vendere - continua Raffaele - Ma quando porti i libri in Tribunale tutti ti evitano. Mia moglie non mi ha mai rinfacciato nulla, anzi. A 46 anni, però, non ti vuole più nessuno. Chi ti tira su? E' stata dura, durissima. Un giorno parli con i segretari dei ministeri e quello dopo non hai più nulla. Ti senti inutile, perso. Senza via d'uscita". Dopo un anno e mezzo di niente arriva un lavoro come rappresentante di cancelleria: "Suoni al campanello e nemmeno ti ricevono - spiega - dove prima avevi tutti gli onori. Ma ho fatto tutto quello che dovevo fare e l'ho fatto con dignità. Io rispetto il lavoro di tutti". La realtà, però, è partita Iva e 1200 euro lordi in tasca. E una famiglia da mandare avanti. Infine il ritorno in pista in una ditta d'arredo padovana: "Ma non andava. Non si lavorava come avrei voluto io - conclude Lucato - c'erano i soldi ma non c'era la serenità. La soddisfazione". 

La nuova scommessa

Alla fine dell'anno scorso si è accesa la lampadina: "Con i miei amici spesso vado a correre e siamo appassionati di triathlon - spiega - tra loro si era sparsa la voce della chiusura di questo negozio, descritto come l'unico 'meccanico serio di Mestre'. Ci ho pensato e ho detto 'sarebbe bello ma è impossibile', ma l'idea mi continuava a martellare in testa. Era il mio sogno. Allora sono andato a parlare con i titolari, ho venduto l'auto, un orologio e altri oggetti e mi sono messo da parte il gruzzoletto che mi ha permesso di partire". Sorride (di nuovo) e appoggia le mani sul bancone. Si sporge: "Non è tutto rose e fiori, è stata una scelta difficile - sottolinea - Ma ho seguito il mio cuore. Sono convinto che se rispetti tutti e semini, alla fine raccogli. Tanta gente mi ha dato una mano e non posso che ringraziare - conclude - Ora ho voluto la bicicletta e pedalo da quasi un anno. Ma lo faccio più che volentieri". 


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